a cura di Florinda Barbuto
La Psicologia: disciplina complessa e in continua evoluzione
Dire Psicologia oggi significa richiamare un vasto mondo scientifico, in cui attività empirica e pratica clinica si accrescono costantemente e reciprocamente, disegnando una disciplina ricca, complessa e in continua evoluzione.
Dai precursori alla psicologia scientifica moderna
Precursori della Psicologia sono riconosciuti i filosofi greci tra cui Platone e Aristotele, che per primi si sono interrogati sul funzionamento della mente umana.
La nascita della psicologia scientifica moderna viene fatta risalire all'800, quando fisici e medici, quali Charles Darwin, Gustav Fechner e Ernst Weber, iniziarono a occuparsi in modo scientifico appunto, e non più solo filosofico, della psiche.
Furono poi accademici come Wilhelm Wundt, Hermann Ebbinghaus e Franz Brentano a realizzare i primi contributi di psicologia sperimentale e teorica.
Evoluzione della psicoanalisi: da Freud alle teorie psicodinamiche contemporanee
Conosciamo tutti Sigmund Freud, noto come il padre della psicoanalisi, che fu il primo a elaborare teorie e tecniche complesse non solo per spiegare il funzionamento umano ma anche per indagarlo e "correggerlo".
Freud descrisse la struttura della personalità come suddivisa in:
- Es: sede degli istinti, guidato dal principio del piacere, è teso alla soddisfazione dei bisogni istintuali,
- Io: sede dell'intelligenza e della razionalità, guidato dal principio di realtà, regola la personalità mediando tra gli istinti dell'Es e l'ambiente.
- Super-Io: sede dell'istanza giudicante, si forma con l'identificazione e l'internalizzazione dei genitori, ricerca la perfezione ed è guidato dal principio etico-morale.
Centrale nel modello psicoanalitico è il lavoro sui contenuti inconsci, contenuti posti al di fuori della coscienza che condizionano comunque la persona, che si attua, ad esempio, analizzando i sogni, gli atti mancati e i sintomi nevrotici.
Altro concetto centrale del modello sono i meccanismi di difesa, attraverso cui l'Io cerca di difendersi appunto. Questi sono:
- la repressione: contenuti inaccettabili sono tenuti al di fuori della coscienza,
- la negazione: a differenza della repressione, opera a livello preconscio e conscio e consiste nella distorsione e negazione dei contenuti inaccettabili,
- la proiezione: impulsi e desideri inaccettabili sono spostati sugli altri,
- la formazione reattiva: i vissuti inaccettabili sono sostituiti dal loro opposto,
- la sublimazione: impulsi ed energie inaccettabili sono orientati verso obiettivi socialmente accettati.
A partire da quello di Freud si sono succeduti modelli che hanno sviluppato, ampliato e, in parte, messo in discussione il disegno originale.
Sono noti, ad esempio, quelli di Otto Rank, che spostò l'attenzione sul trauma della nascita e Sándor Ferenczi, con cui il terapeuta non era più un osservatore imparziale ma parte integrante del setting relazionale terapeutico.
Di particolare rilievo e altrettanto noto Carl Gustav Jung, che diede vita alla Psicologia analitica. Il principale elemento di rottura rispetto al pensiero di Freud riguardava il superamento dell'idea che al centro del comportamento umano vi fosse l'istinto sessuale.
Secondo Jung, invece, il comportamento della persona è condizionato non solo dalla sua storia ma anche dalla storia dell'essere umano in quanto tale.
Secondo Jung la personalità era suddivisa, infatti, in
- Io: la mente cosciente,
- Inconscio personale: costituito dalle esperienze personali rimosse,
- Inconscio collettivo: struttura immutabile che appartiene all'intera umanità, residuo psichico dello sviluppo evolutivo dell'uomo.
L'inconscio sarebbe composto da immagini, gli archetipi, rappresentati simbolicamente dai sogni, l'arte e la religione.
Nel corso degli anni successivi, ulteriori sviluppi si sono riversati:
- nella Psicologia dell'Io, di cui sono esponenti, tra gli altri, Anna Freud, Erik Erickson, Erich Fromm, Harry Sullivan,
- la Teoria delle Relazioni Oggettuali e la Psicologia del Sé, di cui sono esponenti noti autori quali Melanie Klein, Donald Winnicott, Margaret Mahler, Otto Kernberg, Heinz Kohut.
Le Teorie Psicodinamiche contemporanee considerano ancora oggi le prime relazioni con le figure di accudimento l'elemento che condiziona maggiormente lo sviluppo della persona. Pertanto sono proprio queste prime relazioni a essere l'oggetto principale del percorso terapeutico.
Caratteristiche di questo modello di intervento sono l'esplorazione e l'elaborazione del passato del paziente, il lavoro terapeutico attraverso la narrazione, la comprensione del materiale inconscio, il raggiungimento della consapevolezza e la ristrutturazione della personalità.
I modelli cognitivo-comportamentali
Anche se il modello psicodinamico è ancora oggi molto diffuso, nei primi del '900 vi si affiancò quello cognitivo-comportamentale.
Questo ebbe inizio con gli studi di John Watson e Burrhus Skinner sul condizionamento classico e operante.
Secondo questo modello, la psicopatologia è una risposta di non adattamento all'ambiente che si manifesta in comportamenti osservabili, piuttosto che dinamiche intrapsichiche e inconsce, il cui cambiamento, attraverso il condizionamento e la manipolazione controllata, deve essere appunto l'obiettivo dell'attività terapeutica.
Un'evoluzione ancora oggi nota dei primi modelli comportamentisti è la Teoria dell'apprendimento sociale di Albert Bandura, secondo cui il funzionamento psicologico è la sintesi dell'interazione tra processi biologici e apprendimento sociale.
Nel tempo questi modelli sono stati ampliati, estendendo l'interesse ai processi cognitivi che sono alla base dei comportamenti osservabili, oggetto di attenzione dei comportamentisti.
Da qui hanno preso piede i modelli della Terapia Cognitiva di Aaron Beck, la Terapia Razionale-Emotiva di Albert Ellis, la Teoria dei Costrutti Personali di George Kelly, la Terapia Multimodale di Arnold Lazarus.
Quando si lavora con questo approccio, l'obiettivo diventa il cambiamento dei pensieri e dei comportamenti alla base della sintomatologia del paziente.
All'uso della parola viene affiancata l'azione, non solo durante le sedute ma anche tra una seduta e l'altra, attraverso l'utilizzo degli homework (compiti a casa).
I protocolli sono molto più strutturati; gli obiettivi terapeutici vengono definiti sin dall'inizio in modo più preciso, concreto e misurabile; il lavoro terapeutico è centrato prevalentemente sul presente.
La Terza Forza: la Psicologia Umanistico-Esistenziale
Nella seconda metà del '900 apparve la Psicologia Umanistico-Esistenziale, considerata la Terza Forza della psicologia, in alternativa alle due, quella psicodinamica e quella cognitivo-comportamentale, allora dominanti.
Questo modello apparve rivoluzionario, proponendo una prospettiva innovativa nella comprensione dell'essere umano, delle psicopatologie e delle possibili strategie di intervento.
Secondo gli approcci che rientrano in questo movimento:
- ogni persona è unica e ha suoi propri significati personali;
- le relazioni con gli altri e il suo modo di stare nel mondo aiutano la persona a conoscere e guidare se stessa;
- è fondamentale tutelare la libertà e autonomia degli individui, riponendo fiducia nella loro tendenza innata alla piena autorealizzazione;
- l'assunzione di responsabilità è uno dei principi fondamentali per cambiare;
- la consapevolezza della morte, costante in ogni essere umano, è l'elemento base a partire dal quale dare significato alla vita;
- l'attenzione al qui-ed-ora e all'esperienza assume un ruolo centrale.
Uno dei pionieri di questo modello è stato Abraham Maslow, di cui è nota la Piramide dei bisogni, secondo cui gli uomini sono guidati da bisogni che si articolano in una gerarchia che passa da quelli primari (fisiologici e di sicurezza) a quelli più elevati (da quelli di appartenenza, a quelli di stima e, infine, di autorealizzazione).
Pietra miliare della psicologia umanistica è indubbiamente Carl Rogers, con la sua Terapia Centrata sul Cliente.
Centrale nel suo pensiero è il concetto di tendenza attualizzante, secondo cui tutti gli esseri umani sono spontaneamente orientati alla migliore realizzazione di sé. La sua terapia, non direttiva, si basa sulla necessità di offrire al cliente le tre condizioni di base di congruenza, accettazione positiva incondizionata ed empatia.
Una delle sue più note affermazioni, cui siamo particolarmente legate, è: Il curioso paradosso è che quando mi accetto per come sono, allora posso cambiare.
In questa affermazione viene sintetizzato il suo pensiero secondo cui ogni essere umano è destinato a realizzare a pieno le sue potenzialità, se solo gli viene data la possibilità e la libertà di esprimerle, attraverso un processo di accettazione incondizionata del suo essere.
Carl Rogers ha lavorato molto anche con i gruppi. Il suo modello in questo ambito viene sintetizzato nei Gruppi di Incontro, guida preziosa per le esperienze di FITPSY.
Fritz Perls e la Psicoterapia della Gestalt rappresentano un'altra delle pietre miliari della Terza Forza, nonché altra guida preziosa per i nostri interventi terapeutici, sia individuali che di gruppo.
In questo modello, ampliato e arricchito da esponenti di notevole spessore quali Paul Goodman, Erving e Miriam Polster, Serge Ginger, l'essere umano viene visto come una unità mente-corpo che ha una capacità di adattamento e autoregolazione rispetto all'ambiente.
Questo processo di autoregolazione si realizza attraversi il ciclo della gestalt o ciclo dell'esperienza, che descrive le fasi attraverso cui una gestalt, un'esperienza, si forma e si completa: sperimentazione di una sensazione fisica, attribuzione di significato, mobilitazione per l'azione, azione, contatto, ritiro ed eventuale ripetizione del ciclo.
Quando l'organismo entra in contatto con l'ambiente si attivano le funzioni del Sé la cui azione descrive il ciclo del contatto, nelle sue fasi del pre-contatto (funzione-Sé), del contatto pieno (funzione-Io) e del post-contatto (funzione-Personalità).
Quando tale ciclo è compiuto in modo sano, la persona soddisfa i propri bisogni, appare autentica, integrata e la gestalt è completata.
Quando, invece, si ha un'interruzione del ciclo del contatto e una dis-regolazione della relazione organismo-ambiente si osservano meccanismi di difesa o di evitamento del contatto:
- la confluenza: non esiste un confine, si ha una fusione tra l'ambiente e il sé a cui segue il ritiro, il conformarsi alle aspettative dell'altro, l'evitamento del conflitto e la negazione dei problemi;
- l'introiezione: la persona introietta passivamente il mondo esterno, senza selezionarlo né assimilarlo, cosicché non sviluppa la sua autonomia, adeguandosi ai devi introiettati;
- la proiezione: la persona attribuisce all'ambiente aspetti di sé percepiti come negativi e distruttivi, assumendo un comportamento aggressivo e critico, con cui giudica e colpevolizza costantemente gli altri per i propri problemi;
- la retroflessione: la persona rivolge contro se stessa ciò che vorrebbe fare agli altri oppure ciò che avrebbe voluto gli altri facessero a lei, il che si esprime in un controllo degli impulsi e dell'espressione delle proprie emozioni;
- l'egotismo: si ha un irrigidimento del confine, con una chiusura all'ambiente esterno; la persona tende a controllare e programmare ogni cosa, nega i propri bisogni e interessi, evita manifestazioni autentiche e spontanee;
- la deflessione: la persona evita il contatto pieno con l'ambiente, ad esempio, distogliendo lo sguardo, modificando la postura, cambiando argomento, usando un linguaggio astratto o ironizzando;
- la proflessione: è una combinazione della proiezione e della retroflessione, per cui la persona fa agli altri ciò che vorrebbe che gli altri facessero a lei, mostrandosi incapace di trattenere i propri impulsi e di dilazionare il soddisfacimento dei propri bisogni e desideri.
Nella terapia gestaltica si lavora sul qui-ed-ora; si presta attenzione al come, all'osservazione del processo e di quello che il paziente esperisce, più che al perchè, ossia alla ricerca dell'eziologia
La relazione paziente-terapeuta e quella interna al gruppo terapeutico rappresentano il laboratorio in cui il paziente può fare esperienza per accrescere la sua consapevolezza a avviare un cambiamento autentico.
Particolarmente interessanti sono gli spunti che vengono dall'Analisi Transazionale, il cui fondatore è Eric Berne.
In questo modello, l'Io viene visto come articolato in tre Stati dell'Io:
- l'Io Genitore: è la sintesi di tutto quanto interiorizzato e appreso dalle figure di accudimento;
- l'Io Adulto: è la parte razionale che elabora le informazioni e decide in base a queste;
- l'Io Bambino: è la parte spontanea ed emotiva che richiama i comportamenti messi in atto da bambini.
L'Io Genitore può essere:
- normativo positivo: guida, insegna, offre regole,
- normativo negativo: rimprovera, punisce, svaluta,
- affettivo positivo: cura, incoraggia, sostiene,
- affettivo negativo: è iperprotettivo, si sostituisce all'altro, offre un affetto condizionato.
L'Io Bambino può essere:
- adattato positivo: accetta le regole,
- adattato negativo: si sottomette alle regole,
- ribelle positivo: ha spirito d'iniziativa,
- ribelle negativo: si oppone sempre,
- libero positivo: si esprime apertamente,
- libero negativo: ha paura a esporsi.
L'Io Adulto positivo vive la realtà in modo oggettivo, mentre se è contaminato dagli altri Stati proporrà valutazioni condizionate.
Gli scambi tra le persone vengono descritti in termini di transazioni e possono avvenire tra gli stessi Stati dell'Io (transazioni parallele) o tra Stati dell'Io diversi (transazioni incrociate) o anche tra diversi Stati dell'Io su più livelli, uno esplicito e uno implicito (transazioni ulteriori).
I messaggi impliciti possono portare a quelli che Berne definisce Giochi psicologici, ossia interazioni inconsapevoli ripetute nel tempo in cui entrambi i partecipanti escono perdenti.
Altro concetto centrale dell'Analisi Transazionale è quella dei copioni, piani di vita inconsci sviluppati nell'infanzia per adattarsi all'ambiente e che da adulti diventano limitanti e causa di sofferenza.
Berne, tuttavia, attribuisce ampio riconoscimento al potere decisionale degli individui che, come hanno deciso nell'infanzia i propri copioni, possono, da adulti decidere di cambiarli.
La Psicologia di Comunità
Particolare rilievo assume nostro approccio la Psicologia di Comunità, la cui attenzione è puntata sull'intreccio tra dimensione individuale e sociale.
Secondo la Psicologia di Comunità, sviluppata in Italia da ricercatori quali Piero Amerio, Bruna Zani, Donata Francescato, infatti, i problemi psicologici sono strettamente connessi con quelli sociali. In quest'ottica, non solo il disagio e la sofferenza sono osservati tenendo conto dell'interazione tra sfera individuale e sociale ma anche e soprattutto le soluzioni al disagio, il superamento della sofferenza maturano in relazione all'intreccio di queste due dimensioni.
Quindi la comunità sociale come fonte di disagio e come risorsa terapeutica connota in modo peculiare l'approccio della Psicologia di Comunità e muove l'orientamento all'intervento nel senso della prevenzione e dell'accrescimento dell'empowerment individuale e collettivo.
Principi centrali della Psicologia di Comunità sono:
- l'attenzione ai gruppi, le organizzazioni e le Comunità in cui l'individuo è inserito;
- la promozione dell'empowerment individuale e collettivo;
- il ruolo attivo e partecipativo attribuito ai destinatari degli interventi;
- l'accento sulla prevenzione e sulla promozione del benessere individuale e collettivo.
Verso l'integrazione
Quelli su elencati rappresentano solo una parte degli innumerevoli modelli che si sono succeduti e ancora oggi colorano il panorama della psicologia a livello internazionale.
Viene spontaneo chiedersi se esista un modello che sia o sia stato riscontrato essere migliore di un altro.
In realtà già all'inizio del '900 fu proposto quello che fu definito il paradosso dell'equivalenza o verdetto di Dodo, secondo cui procedure tecniche differenti avrebbero un'eguale efficacia. Paradosso che è stato confermato da numerosi studi i cui risultati concordano sull'esistenza di fattori comuni transteorici che spiegherebbero l'efficacia della psicoterapia.
È all'interno di questa cornice che è stato sviluppato il movimento per l'integrazione delle psicoterapie, nato dall'esigenza degli psicoterapeuti di superare i limiti posti dalla rigida applicazione dei singoli orientamenti. Al suo interno si colloca il Modello Pluralistico Integrato elaborato da Edoardo Giusti e Claudia Montanari al quale principalmente faccio riferimento con il mio approccio.
- dell'integrazionismo teorico, ossia dell'inclusione e riformulazione dei concetti teorici provenienti dai diversi approcci in un linguaggio omogeneo e coerente;
- dell'eclettismo tecnico, ossia dell'utilizzo sistematico di tecniche provenienti da orientamenti diversi;
- del filone di studi sui fattori comuni, ossia degli elementi riconosciuti come essenziali dai diversi modelli;
- del pluralismo, che include l'uso complementare di varie teorie con paradigmi diversi, consentendo un metalivello per dialogare con la complessità delle convergenze e divergenze scientifiche.